Inter – Juventus: storia di una rivalità senza fine

Non è più il derby d’Italia anche perché viene meno, per mancanza bianconera, l’elemento fondamentale affinché questo derby si disputasse: il famoso mai stati in che con orgoglio ormai il popolo nerazzurro può vantare senza ex-equo con nessun club. Certo, dopo l’annata dei bianconeri nella serie cadetta e il ripristino della (presunta) normalità con la Juve di nuovo in A sono stati tanti i modi per tener vivo un derby, lep iù forti, le città industriali, l’essere questo o quello ma non c’è paragone che tenga. Il mai stati in B resta esclusiva dell’Inter ma questo è solo uno degli ultimi colpi di una rivalità storica tra le due squadre che ha radice ben più antiche, profonde, radicate e che certo non si limitano ad una sana antipatia tra squadre di calcio, o almeno, questa definizione sarebbe alquanto riduttiva.

La rabbia e l’incredulità since 1961

I primi anni, sin dal primo match del 1909, tra Inter e Juventus hanno sempre contrapposto e presentato la sfida tra due primati: quello industriale di due città, quello di due famiglie di industriali. Nel campo si giocava l’orgoglio di due città che si percepivano capitali. Ma proprio per le rivalità di campo bisogna aspettare il 1961, il 16 aprile, quando al comunale di Torino, si ritrovano tifosi in campo perché lo stadio non riesce a contenerli tutti e questo ne provoca la sospensione della partita sullo 0 a 0. La lega calcio avrebbe assegnato a tavolino la vittoria ai nerazzurri ma la CAF accoglie il ricorso della Juventus e ordina la ripetizione del match. La scelta non è per nulla condivisa dai nerazzurri tant’è che l’allora presidente Angelo Moratti in segno di protesta manda in campo una formazione composta solo da calciatori della Primavera. Il risultato finale sarà un netto9 a 1 per la Juventus che di fatto regala lo scudetto proprio ai torinesi.

Ceccarini, Juventus Inter 1998

L’apice di una rivalità fatta di diversi tipi di trattamenti alle due squadre si raggiunge nel match tra Juventus e Inter del 26 aprile 1998. Ceccarini è un nome che su un sito come questo non dovrebbe essere nemmeno nominato. È una data fondamentale per il campionato di quell’anno e l’Inter allenata da Simoni e trascinata da Ronaldo arriva al Delle Alpi a -1 dalla Juventus capolista. Sull’q a 0 per i padroni di casa con goal di Del Piero e l’Inter in 10 uomini per l’espulsione di Ze Elias. Ceccarini diventa il protagonista di una giornata che nessuno mai dimenticherà, quando Ronaldo va a terra in area di rigore dopo un contrasto con il maleducato Iuliano, incredibilmente l’arbitro non concede il rigore ma anzi dopo appena 30 secondi il grande Ceccarini, a seguito del contropiede bianconero, fischierà un rigore proprio alla Juventus per un fallo di West su Inzaghi. La panchina dell’inter è esplosa, è in campo, l’incredulità è ai massimi storici, si inizia a percepire la vergogna! E anche se Pagliuca parerà il rigore di Del Piero lo scudetto andrà comunque ai bianconeri.

Calciopoli

L’estate del 2006, con la retrocessione della Juventus in Serie B per Calciopoli e l’assegnazione dello Scudetto all’Inter, incendia ulteriormente il clima tra le due società e soprattutto tra le due tifoserie. Ecco perchè quella centrata dai bianconeri nel dicembre del 2009 (la prima in casa post 2006) resta una vittoria indimenticabile per il popolo juventino. Ma l’Inter quell’anno, anzi qualche mese dopo, vincerà il triplete e la Juventus arriverà solo settima in campionato.

I veleni e le battutine

Peppino Prisco disse: “La Juventus è una malattia che la gente si trascina dall’infanzia. Quando stringo la mano a un milanista la lavo, quando la stringo a uno juventino conto le dita”. Nel momento dell’addio, Andrea Agnelli parlò del legame tra Massimo Moratti e l’Inter come di un “grande amore per la sua squadra, caratterizzato da follie, come accettare uno scudetto che non aveva vinto”. Replica dell’Inter: “Nel 2006 la Juve è stata retrocessa in B insieme alla sua reputazione”. Massimo Moratti. “Senza quella banda di farabutti, non ci sarebbe stato il 5 maggio”. Chi dimentica è complice.

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